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Categoria: produzione

VENERE NEMICA

di e con Drusilla Foer

direzione artistica Franco Godi

produzione Best Sound

produzione esecutiva Sava’ Produzioni Creative

distribuzione Sava’ Produzioni Creative

Venere, la dea immortale, quindi tutt’ora esistente, vive lontano dall’Olimpo e dai suoi odiati parenti. Dopo aver girovagato per secoli, abita attualmente a Parigi fra i mortali. Non essendo gli Dei più creduti, la dea della bellezza e dell’amore finalmente può permettersi di vivere nell’imperfezione dell’umano esistere.

“Immaginate la mia gioia! Una dea, condannata a vivere nell’eterna umidità del mare, scoprire l’esistenza della messainpiega

Ricordando in un flashback comico e tragico, la vicenda di Amore, il figlio ingrato e disobbediente, e Psiche, sulla quale proietta – da suocera nemica –  tutto il suo rancore di Dea frustrata e insoddisfatta, Venere si vendica “sulla straordinaria mortale, creduta venere in terra”.

Deus ex-machina crudele e spietata, Venere ricorda l’unica occasione nella quale ha provato un sentimento di amore, curando il figlio che, fuggito dall’amata Psiche, torna da sua madre, dea e padrona, per farsi lenire le ferite di un amore ingannato.

“… io sono sempre stata la mia sola priorità…”

Un testo ispirato alla favola di Apuleio “Amore e Psiche”, riletta in modo croccante, divertente, commovente, a tratti tragico, che tocca temi antichi e attuali:

la competizione suocera/nuora, la bellezza che sfiorisce, la possessività materna, il conflitto secolare fra uomini e dei.

“… se c’è una cosa che un Dio detesta è non essere creduto…”

FAME MIA

QUASI UNA BIOGRAFIA

di Annagaia Marchioro

in collaborazione con Gabriele Scotti

allestimento scenico di Maria Spazzi

costumi Erika Carretta

regia di Serena Sinigaglia

liberamente ispirato a Biografia della Fame di Amelie Nothomb (Voland edizioni)

Fame mia- quasi una biografia è uno spettacolo comico e poetico che racconta la storia di una donna che ha tanta fame, così tanta fame da smettere di mangiare. Liberamente ispirato ad un romanzo di Amélie Nothomb, a cui deve la più profonda ispirazione e l’ironia tagliente, lo spettacolo ne sfoca i contorni, fino a trasformarlo in una storia molto Italiana, la storia dell’attrice che la interpreta. Siamo a Venezia, nel pieno degli anni ‘80, e come l’acqua dei canali scorre il racconto, dove Veneziano e italiano si alternano, passandosi la staffetta linguistica e segnando l’identità dei personaggi che affollano la memoria della protagonista. Tutta l’Italia si affaccia alla tavola di questo racconto: un’insegnante pugliese, la migliore amica napoletana. Non potrebbe che essere così, dato che in Italia si parla solo di cibo. E’ una storia di disturbi alimentari ma non parla di disturbi alimentari. Mangi e smetti di mangiare perché vuoi sbranare la vita, perché non accetti il compromesso, perché brami l’assoluto. La leggerezza, l’ironia, la levità con cui ogni disgrazia è affrontata sono la chiave di accesso di questo testo. Senza mai prendersi troppo sul serio, senza enfasi e alcuna retorica, con la semplicità e la schiettezza dei migliori racconti biografici. Il lieto fine, seppur sbilenco e imperfetto sopraggiunge e ci conforta. Si può guarire. Fame mia, parla di fragilità e riscatto. Dolce, dolcissimo, umile e fresco riscatto. Una vicenda particolare che racconta una storia universale, guardata dagli occhi di una bambina che diventa donna. Un inno alla vita che ti riporta alla vita e ti fa sentire meno solo, meno spaventato, meno infelice. 

#POURPARLER

di Giovanna Donini, Annagaia Marchioro e Gabriele Scotti

con Annagaia Marchioro

costumi NCSP video NDR e Slap TV

produzione Brugole&co

#POURPARLER è un viaggio alla scoperta delle parole, che possono essere finestre oppure muri, possono aprire dei mondi o tenerci prigionieri. Uno spettacolo teatrale dedicato al potere delle parole. Mi hanno sempre affascinata le parole, in modo quasi erotico.
A volte per il loro significato, altre volte per la loro storia ed ogni tanto, lo ammetto, solo per il suono. Ci sono parole bellissime come TRASVERBERAZIONE, che significa la trafittura del cuore del putto da parte dell’Altissimo, poco usata, che peccato.
E poi ci sono parole controverse come SINDACA o ARCHITETTA, che il pubblico potrà affrontare a testa alta, scoprendo finalmente il perché.
Ci sono parole così difficili da gestire come DESIDERARE che deriva da sidera – astri e significa sentire la mancanza delle stelle. E parole senza passato, come TIKTOKER o YOUTUBER o INFLUENCER, che potrebbero sembrare funghi, o muffe, o scherzi di un poeta. Insomma le parole sono pa-rabole, raccontano delle storie.
#POURPARLER gioca con le parole per raccontare storie di lotta e d’amore ma anche di odio e di ribellione. Storie che fanno ridere fino alle lacrime e lacrime che aprono scorci di paesaggi umani.
#POURPARLER si ispira alla stand-up americana, declinandola in una modalità personalissima In scena un microfono ed un’attrice.
E poi una serie di contributi video, interviste e testimonianze di uno stuolo di personaggi esilaranti. Personalità folli, esperte di diversity, influencer, odiatori compulsivi, religiosi in stato di grazia ed eminenti studiose di linguistica. Voci diverse nel tentativo di costruire un’indagine comico-scientifica sulla grande potenza del linguaggio, per cercare di carpire il segreto di ogni comunicazione.
E soprattutto per capire qualcosa del mondo in cui stiamo vivendo usando una ironia sagace e pungente.
#POURPARLER è uno spettacolo in continua trasformazione, possono aggiungersi ogni sera parole nuove, e nuove storie. Per dare spazio al qui ed ora dell’attualità.

GINA FRANCON

da un’idea di Annagaia Marchioro

con Annagaia Marchioro

autori Annagaia Marchioro e Gabriele Scotti

musiche Flavio Ripa

scenografie Ze Arte

produzione Fondazione Gian Giacomo Feltrinelli e Associazione culturale Brugole&co

distribuzione Sava’ Produzioni Creative

Gina Francon è la portinaia di Palazzo Chigi, ha visto gli ultimi 30 anni di storia d’Italia passarle accanto.
Nata in veneto e trasferita a Roma con un concorso truccato, come dichiara apertamente per essere onesta fino in fondo, vive tutte le difficoltà di una immigrata del nord al sud.
Un personaggio nato sui social dall’idea della attrice che la interpreta, durante il vuoto della prima quarantena, che da allora non può più smettere di esistere. I suoi follower aumentano a vista d’occhio. In questo spettacolo, voluto fortemente dalla Fondazione Feltrinelli, Gina Francon racconta dal suo angolo della portineria le verità più scomode, i segreti più taciuti della politica Italiana.
Dato che, In questo anno e mezzo di Covid, lei ha aiutato il Governo nelle decisioni difficili, a volte persino per sbaglio, perché era lì, la prima ad arrivare e l’ultima ad andare via.
Ed ha raccolto dalla pattumiera le pagine che avrebbero spiegato i dpcm all’Italia intera.
In scena un tavolo, molti utensili ed una piastra elettrica. Su quella piastra la protagonista cucinerà dei veri biscotti da offrire, covid permettendo, agli spettatori. Sembra che per questi biscotti siano cadute intere formazioni di governo. La Gina ha preparato il caffè a tutti e di tutti potrebbe raccontare qualcosa, considera i politici un po’ figli o figlie suoi, un po’ ex mariti da dimenticare.
La sua saggezza popolare la rende intra-partes: può dire ciò che pensa come lo farebbe la zia della porta accanto.
È ecologista perché profondamente rurale, femminista in quanto matriarcale, europeista perché tutto il mondo è paese.
Queste le solide basi del suo programma politico. Perché sì, Gina Francon, in un colpo di teatro finale, decide di scendere in campo, e annuncerà con sorpresa di tutti la nascita del suo partito: il Partito della Gina. Un partito squisitamente personale fondato sul carisma della Gina, leader non si sa di cosa, progressista quanto conservatore, post ideologico, post moderno e un po’ anche post mortem (degli altri).
Perché ricordiamolo tutti: una portinaia alle volte conta più di un intero team di addetti stampa.

IL GIOCATTOLAIO

di Gardner McKay 

regia di Enrico Zaccheo 

con Francesca Chillemi e Kabir Tavani 

produzione Stefano Francioni Produzioni e Sava’ Produzioni Creative

La trama narra la storia di un serial killer, soprannominato “Il Giocattolaio”, che prende di mira le donne, pur decidendo di non ucciderle. Egli le seduce e le lobotomizza con molta destrezza, abbandonandole a un destino atroce: le rende bambole viventi, immobilizzate su una sedia a rotelle e disponibili ad ogni suo desiderio. Proprio sul caso di queste terribili aggressioni sta indagando Maude, una giovane psicologa criminale, da poco trasferitasi in un cottage isolato alla periferiadi Los Angeles. Una notte un motociclista bussa alla sua porta per chiedere di poter usare il telefono. Dopo un primo momento di reticenza, Maude decide di assecondarlo: il ragazzo apparentemente appare innocuo, ma ben presto Maude sarà costretta a rendersi conto di aver fatto un grave errore a far entrare in casa lo sconosciuto. Che sia proprio lui il terribile Giocattolaio? Tra i due si sviluppa un rapporto molto ambiguo, nel quale i ruoli si confondono, fino a rendere il carnefice vittima e viceversa. Un thriller psicologico claustrofobico ricco di tensione e suspance in cui si susseguono colpi di scena a ritmo serrato che costringono lo spettatore a seguire tutta la vicenda col fiato sospeso. Un testo in grado di indagare la capacità umana di manipolare il prossimo e la straordinaria attitudine delle persone a mentire nonché l’inclinazione dell’essere umano a torcersi psicologicamente quando è mosso da forti emozioni soprattutto se si tratta di quelle più inconfessabili. Uno spettacolo che ci costringe a riflettere sul terribile potere del carisma e sulla nostra capacità di credere a qualunque verità purchè ci faccia comodo; sulla capacità di perdonare immediatamente e sul bisogno di andare avanti; sul compromesso e sul nostro desiderio di andare a letto col nostro carnefice; sulla nostra bassezza morale, sulla perdita dell’istinto e di ciò in cui credevamo più profondamente; sulla nostra capacità di assorbire l’orrore pensando che un crimine sia tale solo se succede a noi; sugli orribili crimini che noi stessi commettiamo e che sono tali non perché succedano, ma perché li conosciamo e giriamo pagina.

IL GIAGUARO MI GUARDA STORTO

scritto da Teresa Mannino e Giovanna Donini

in collaborazione con Maria Nadotti

regia di Teresa Mannino

scena di Maria Spazzi

disegno luci Roberta Faiolo

costumi Istituto Melodia

 produzione Stregonia

produzione esecutiva e distribuzione Sava’ Produzioni Creative 

Ritorno sui palchi dei teatri piena di desideri, racconti e interrogativi. Il primo desiderio è quello di ritrovarvi, scambiare sguardi con ogni spettatrice e con ogni spettatore seduto in platea dalla prima all’ultima fila, nessuno escluso, per scoprire chi siamo diventati dopo questa assenza epocale.

Dai racconti d’infanzia alla difficile relazione che abbiamo con l’attesa, dalla perplessità nei confronti degli animali umani alla stima per le formiche, il filo conduttore sarà il desiderio, stupore vitale che accende sogni, infuoca cuori e libera movimento.

Durante il nostro incontro potrete danzare con me, guardare in silenzio, fare domande o dare risposte. Potrete anche chiudere gli occhi, ascoltare le mie parole come fossero una ninna nanna e addormentarvi, l’importante è non smettere di sognare e tenere gli occhi ben aperti una volta fuori dal teatro.

Teresa Mannino

ALFABETO DELLE EMOZIONI

di e con Stefano Massini

produzione Sava’ Produzioni Creative

Noi siamo quello che proviamo. E raccontarci agli altri significa raccontare le nostre emozioni. Ma come farlo, in un momento che sembra confondere tutto con tutto, perdendo i confini fra gli stati d’animo? In un immaginario alfabeto in cui ogni lettera è un’emozione (P come Paura, F come Felicità, M come Malinconia…), Massini trascina il pubblico in un susseguirsi di storie e di esempi irresistibili, con l’obiettivo unico di chiamare per nome ciò che ci muove da dentro.

 

 

ACCABADORA

dal romanzo di Michela Murgia

edito da Giulio Einaudi Editore

drammaturgia Carlotta Corradi

con Anna Della Rosa

regia Veronica Cruciani

produzione TPE – Teatro Piemonte Europa, Emilia-Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Savà Produzioni Creative

Maria all’età di sei anni viene data a fill’e anima a Bonaria Urrai, una sarta che vive sola e che all’occasione fa l’accabadora. La parola, di tradizione sarda, prende la radice dallo spagnolo acabar che significa finire, uccidere; Bonaria Urrai aiuta le persone in fin di vita a morire. Maria cresce nell’ammirazione di questa nuova madre, fino al giorno in cui scopre la sua vera natura e fugge. Tornerà solo sul letto di morte della Tzia per accudirla e risolvere il conflitto che la tormenta.